sabato 27 febbraio 2010

Instant karma #4

Sono ancora qui a domandarmi qual è il mio destino quando Camilla, dopo avere fatto un trillo per avvertirmi che è il mio turno in sala d'attesa, mi confida che la situazione di Barbara è piuttosto grave e non sa come comportarsi. Non vorrei essere coinvolta poi penso che stiamo condividendo un destino simile e quel minimo di empatia mi suggerisce di ascoltare le sue ragioni.
Barbara aveva iniziato ad accusare i primi sintomi all'incirca un anno fa.
Avendo sempre sofferto di emicrania aveva attribuito un'importanza relativa a quegli attacchi un po' più forti del solito, l'esordio era avvenuto in seguito ad un insolito problema alla vista.
I miei stessi sintomi.
Non so dove vuole arrivare Camilla, non capisco se intende rivelarmi la malattia di cui è affetta Barbara oppure mettermi in guardia perché potremmo soffrire dello stesso disturbo.
Spaventata, e afflitta al tempo stesso, decido che per questa giornata ho fatto il pieno, mi scuso con lei e mi ritiro nelle mie stanze. Resto con gli occhi spalancati tutta notte, cercando una spiegazione e trovando mille scuse stupide per convincermi che non sono malata, e risolveranno il mio problema in breve tempo.
Intanto sono passate tre settimane, continuo a fare esami, mi sembra di avere la testa inserita in una morsa d'acciaio, dall'occhio sinistro ci vedo pochissimo e dentro di me sono certa che non tornerò a casa tanto presto.
Le amiche si avvicendano con i miei genitori per tenermi compagnia.
Mi manca un uomo che mi porti fiori, mi rassicuri sul pagamento delle bollette, e che mi ripeta che senza di me la casa è vuota.
In questo momento il mio essere libera ed indipendente mi fa sentire sola e sconfitta.
Camilla va a casa mia tutti i giorni a controllare posta e segreteria telefonica.
Non è esattamente la stessa cosa.
I giorni passano nella totale immobilità, una mattina viene a trovarmi Federico, un vecchio compagno di scuola che all'inizio dell'estate ha aperto un agriturismo nell'entroterra.
Aveva chiamato per invitarmi ad una cena tra ex compagni di classe, che terrà nel suo locale la settimana prima di natale, aveva spedito un invito e lasciato un messaggio in segreteria. Camilla ha preso la telefonata, o lo ha richiamato, non è stata molto chiara al riguardo, gli ha detto che sono ricoverata così si è presentato con un bellissimo mazzo di fiori.
Scambiamo qualche parola poi, mentre lo accompagno agli ascensori, passiamo davanti alla stanza di Barbara e la vedo.
Sembrano trascorsi secoli da quando siamo state trasferite all'ottavo piano, non mi ero ancora resa conto realmente di come stavano le cose.
Barbara sta vomitando dopo aver fatto una seduta di chemioterapia.
Gli occhi iniettati di sangue e un'espressione che non dimenticherò mai più.
In quel momento in me scatta qualcosa.
Congedo Federico e corro in stanza. Chiamo Camilla e inizio a piangere.
Arriva dopo mezz'ora, il tempo di lasciare Gionata a sua madre.
Mi abbraccia senza parlare.
Ho capito che devo fare un passo per riconciliarmi con Barbara.

*

Il baco da seta si chiamava Corina, era una signora albanese di settant'anni.
Apro gli occhi e vedo il letto vuoto, il materasso piegato e due inservienti che spazzano il pavimento intorno.
E' andata via nella notte per collasso cardiocircolatorio.
Dormivo placidamente, non me ne sono accorta.
La ragazzina viene dimessa due giorni dopo la dipartita di Corina.
Prima di andare lascia un charm sperluccicante sul mio comodino, con un biglietto di carta a quadretti, piegato in 4, una scrittura da adolescente con i cuori al posto dei puntini sulle i che recita: "questo è un piccolo regalo perchè hai sopportato me e i miei amici. Ciao Cry"
Non ho mai saputo se fosse Cristina o Cristiana
Resto sola, faccio spostare il letto accanto alla finestra.

*
Trascorro giornate intere guardando il panorama. Sempre lo stesso.
Una mattina di fine novembre Barbara viene trasferita nella mia stanza. Non dice niente, sembra rassegnata. Non la vedevo da parecchi giorni, è scheletrica.
So che il ciclo di chemio non é finito, l'ho intuito dalle volte in cui l'ho sentita vomitare.
Quello che è iniziato come day hospital, si è trasformato in un soggiorno coatto, ed è diventato un incubo.
Sono rinchiusa in una stanza di due metri per tre, in compagnia di una tizia che vomita a spruzzo come la protagonista dell'esorcista, quando è lucida ricorda di odiarmi ferocemente per un motivo ignoto tanto quanto la presenza di vita su Marte, e non ho la benché minima idea sul disturbo che mi impedisce di vedere.
A voler fare dello spirito è una perfetta legge del contrappasso.

CONTINUA...

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2 commenti:

  1. peccato non avercela tra le mani la tua storia, su carta. me la gusterei ancora di più.
    io e il mio 39 di febbre ti aspettiamo...;))

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  2. > Biondatinta > mi spiace per la febbre, più tardi torno e posto ;D un bacio

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