mercoledì 10 marzo 2010

Instant karma #16

Guardai l’ora ed era tempo di rientrare. Una telefonata costrinse Matteo a congedarsi in fretta, aspettai che uscisse, e salii al settimo piano, dove mi aspettava Camilla; le consegnai la ventiquattrore e presi il borsone con pigiama, vestaglia e pantofole, mi cambiai rapidamente e tornai in reparto in tempo per il tg. Barbara mi diede un‘occhiata distratta poi sorridendo disse che aveva guardato il nostro sceneggiato preferito senza di me. Mi accomodai a letto e seguii i programmi in silenzio finché non mi abbracciò Morfeo. Quella notte feci strani sogni. Il giorno dopo Barbara si alzò prima di me. Aveva una strana energia. Uscì presto e tornò in tarda mattinata. Erano passati due mesi da quando ero entrata in ospedale. Quel giorno il primario, approfittando dell’assenza della mia compagna di stanza, in consiglio con il team di medici al seguito, mi disse che il mio problema non era stato risolto, le cure prestate non avevano dato i risultati previsti e dall’ultimo referto risultava un’ulteriore anomalia. Mentre mi spiegava che avremmo iniziato un’altra cura, pur guardandolo dritto negli occhi, continuavo a pensare alle parole di Matteo. In tutto quel tempo avevo cercato una spiegazione per il comportamento di Barbara, convinta d’essere la causa della sua infelicità, avevo tentato qualsiasi cosa pur di riscattarmi ai suoi occhi, e avevo “dimenticato” il motivo per cui ero stata ricoverata. Parlai con i miei genitori della mia situazione, il dolore esplose nei loro occhi, anche se cercavano di mascherarlo, dissi che mi sarei sottoposta alla nuova terapia, che prevedeva un ciclo di radio terapia. Ero in ballo, avrei ballato. Quando Barbara rientrò nella stanza la misi al corrente sulle novità e la vidi irrigidirsi. Come in un deja-vu rividi me stessa, quando Camilla mi parlò delle condizioni di Barbara, il disagio che provai pensando che, tra tante maledizioni scagliate al suo indirizzo, qualcuna fosse andata a buon fine.
L’entusiasmo mostrato a colazione per l’ora di pranzo era già svanito.
Lei seguì le sue terapie, io scesi a fare analisi del sangue post prandiali, ci rivedemmo a pomeriggio inoltrato e il suo atteggiamento mi sorprese.
“Che si dice di bello in traumatologia?”
La guardai senza parlare e il mio silenzio la urtò.
“So di Gianni. Me lo ha detto Valeria, lavora in nefrologia ma vede e sente tutto quello che succede qui dentro!”
Con quella frase intendeva farmi capire che sapeva dell’incontro con Matteo, così reagii al fuoco
“parlando della tua amica Valeria, faresti meglio a chiamarla radio serva, mi stupisco che i tuoi non abbiano ancora saputo che sei ricoverata!”
“Alice, che ti prende? non eri tu quella che credeva nell’empatia tra ammalati? o forse eri più disponibile quando pensavi che tra le due la moribonda fossi io? ”
Mi voltai e per un attimo mi sembrò sdoppiata. Non riconoscevo la ragazza che qualche sera prima mi aveva sussurrato piangendo che non ero la responsabile della sua infelicità. Non capii se era la vera Barbara a parlare, oppure una proiezione di quello che voleva far credere d’essere.
“Adesso sono tornata ad essere la strega cattiva e tu la povera Dorothy? Fammi il piacere!”
Fu provvidenziale l’arrivo di Federico.

CONTINUA
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