lunedì 27 dicembre 2010

il pozzo dell'anima - 42

Federico arrivò all'istituto di medicina legale un'ora prima rispetto all'orario concordato. Era un'abitudine che lo contraddistingueva. Lo scambio di sguardi con Alessio, l'assistente, fece intendere chiaramente il mood della giornata. Gli agenti incaricati consegnarono la documentazione relativa alla salma esumata. Quando lesse che si trattava di un bambino, appena più grande del piccolo Giacomo, Federico sentì una fitta al costato. Alessio, discreto, iniziò a disporre gli attrezzi per l'autopsia. Sapeva di non dover dire nulla, quando Federico se la sarebbe sentita, avrebbe parlato spontanemaente.

***
Vittoria
di prima mattina ricevette la telefonata che aveva evitato negli ultimi dieci giorni
- Ciao Vic, ti chiamo a proposito del battesimo di Arianna. Io e Giorgio volevamo sapere se ci sarai, le altre hanno già dato conferma, manchi solo tu.
- Elide, volevo proprio parlarti di questo ma non c'è più stata occasione.
- Ascolta, so che non vuoi entrare in chiesa, non so perchè ma lo capisco, vorrei sapere se sarai al rinfresco.
- Un momento, come sai che non voglio entrare in chiesa?
- Ho fatto caso che al funerale della madre di Carla sei rimasta sulla porta, e siccome so quanto siete legate ho capito che devi avere una motivazione valida e che non è una cosa nei miei confronti, ripeto, non so quale problema hai e non mi riguarda, visto che mi hai presentato mio marito e ci hai già dato buca al matrimonio, almeno al battesimo vieni, per favore! Ho invitato anche Adriano, così lo sai.
- non si offenderà il parentado se mi presento al banchetto senza venire alla cerimonia?
- tu porta un regalo costoso, nessuna ci farà caso.
Elide con la sua inconfondibile risata le strappò un sorriso.

***
Vittoria si presentò davanti allo stabile dove avevo lo studio il Professor Silvestri con netto anticipo. Bevve tre espressi al baretto all'angolo, lesse la cronaca cittadina poi salì cercando di sembrare disinvolta. In ascensore si guardò allo specchio per infondersi coraggio. Le tremavano le mani. Quando Silvestri in persona aprì la porta rimase sorpresa. Lo psichiatra aveva a malapena cinquantanni, vestiva sportivo e la salutò come se la conoscesse da sempre. A quel punto Vittoria si rilassò. Lo studio era arredato in modo semplice e lineare, quasi zen. Una libreria in noce. Una lampada a stelo in acciaio cromato.Una chaise-longue ed un divano in cuoio. Una scrivania solida e una poltrona di pelle bordeaux. Vittoria, indecisa dove sedersi, come se da quella scelta dipendesse la sorte di qualcuno, attese che Silvestri scegliesse una postazione per accomodarsi di conseguenza. Lo psichiatra restò in piedi senza parlare, lei si arrese e sedette sulla poltrona, a quel punto l'uomo contenne un sorriso e si adagiò sul divano alla sua destra. Iniziò con le domande di rito e cercò di ottenere più informazioni che potè. Vittoria, impaziente, sperava che la pratica fosse breve, indolore e che il tormento e i sonni agitati iniziati dopo l'episodio in piscina terminassero durante quella seduta. Silvestri continuò ad osservarla, scrisse, si alzò, la fece camminare, le fece tracciare linee immaginarie e assegnò ad ognuna un'età, poi le fece percorrere la stanza in lungo e in largo facendole domande che a lei sembrava non c'entrassero niente. Ogni volta che si avvicinava a lui le dava un colpetto sulla spalla destra, la prima volta ebbe l'impressione che cercasse di spolverarle la camicia, la seconda volta che le spostasse una ciocca di capelli, alla terza si indispettì, ed evitò il contatto, allora l'uomo le puntò l'indice sul fianco. Vittoria non capiva quando sarebbe finita quella manfrina e iniziata la seduta vera e propria. Non si rese conto che mentre camminava e parlava i suoi atteggiamenti e la voce erano quelle di una bambina di nove anni.

CONTINUA

2 commenti:

  1. OK brrrr ma mmma io sono sensibile a queste cose... oddio chissà se riesco a dormire... vado a leggere il prossimo!!!

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